La boxe olimpica è travolta da una controversia che coinvolge l'atleta algerina Imane Khelif, esclusa dai mondiali a causa della presenza di un cromosoma maschile, ma comunque ammessa alle Olimpiadi. Questa esclusione, secondo alcuni osservatori, sembra più motivata da questioni politiche che scientifiche, mettendo in luce una serie di interrogativi sulla giustizia delle norme olimpiche.
Khelif, pur avendo ricevuto il via libera dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) grazie ai suoi livelli di testosterone rientranti nei limiti previsti, è stata esclusa dalla finale mondiale per la sua genetica non conforme agli standard di selezione della federazione mondiale di pugilato (IBA). Questa decisione ha sollevato accuse di un'influenza politica preponderante rispetto a considerazioni scientifiche.
Le dichiarazioni di Matteo Salvini e del ministro per la famiglia Eugenia Roccella hanno ulteriormente infiammato il dibattito. Entrambi hanno espresso preoccupazioni riguardo alla partecipazione di atleti transgender, senza però fornire argomentazioni scientifiche o sportive concrete. Salvini e Roccella hanno sollevato dubbi sull’equità della competizione, ma le loro osservazioni sembrano mancare di un fondamento scientifico solido, limitandosi a argomentazioni politiche piuttosto che basandosi su dati oggettivi.
Angela Carini, che dovrà affrontare Khelif, ha dichiarato: "Non posso che adeguarmi alle regole delle Olimpiadi", mentre il presidente della Federazione Pugilistica Italiana, D'Ambrosi, ha espresso fiducia nel Coni e attende una risposta definitiva dal CIO. Il caso rimane al centro di un acceso dibattito internazionale, che pone in evidenza le tensioni tra regolamenti sportivi, scelte politiche e considerazioni scientifiche.